Come democratizzare la pittura attraverso la stampa

Una mostra sull’œuvre imprimé di Jean-Michel Alberola.
di Sabina Ciminari – giugno 2009
exposition_1063_1(1)Fra le sorprese che mi ha riservato Parigi, in questo mese di agosto, c’è la scoperta della “filosofia Alberola”. Avevo appena visitato l’esposizione gratuita che la Bibliothèque nationale de France gli consacra in questi giorni – occasione, fra l’altro, delle recenti donazioni dell’artista al dipartimento delle Stampe e della fotografia e a quello della Riserva dei libri rari della Biblioteca – quando mi sono trovata ad ammirare la casa di un mio amico, collezionista d’arte. Un appartamento sorprendente, quasi un piccolo museo di cui non sospettavo l’esistenza; mi aggiravo fra il salone e le camere, dove è conservata anche una litografia di Kandinsky (da poco celebrato, fra l’altro, al Centre Pompidou con una mostra che ne ha percorso tutta la carriera). Ero del tutto affascinata dalla possibilità di potermi immergere nella concretizzazione della mia idea piramidale della società francese fino a provarne una sorta di disagio: perché non condividere tutto questo? perché non permettere a queste opere di parlare ad un pubblico più vasto di quello costituito da una visitatrice italiana per lo più digiuna di conoscenze sui pittori francesi contemporanei?
La risposta a questi interrogativi me l’ha data, appunto, Jean-Michel Alberola: nelle oltre 150 opere che la Bibliothèque nationale de France espone in questi giorni e nelle dichiarazioni dell’artista che aprono, sotto forma di Entretien, il catalogo dedicato alla mostra(Jean-Michel Alberola: l’oeuvre imprimé, a cura di Céline Chicha-Castex e Marie-Cécile Miessner, Bibliothèque nationale de France-Ed. Ereme, Paris 2009, pp. 159). La preoccupazione democratica per la circolazione delle idee che Alberola (classe 1953), considerato fra i maggiori protagonisti della pittura contemporanea francese, esprime nella sua opera non è certo nuova, e l’artista stesso non teme di dichiarare la sua filiazione: Marcel Duchamp e Marcel Broodthaers, fra gli altri, ma non esita a confessare di sentirsi «dernier après tout le monde» (scevro da ogni egocentrismo artistico dice proprio così: sono l’ultimo dopo tutti), per commentare la sua tendenza a rifarsi all’opera di chi lo ha  preceduto. Citazione che è resa non solo attraverso il richiamo esplicito ad artisti come Picasso, al quale dedica Avec la main gauche (1993): un volume di 43 incisioni che hanno come tema gli insulti diretti all’onnipresente maestro, al quale si rivolge ripercorrendo il tema del Cristo deriso. Una pratica di citazione è anche l’inserimento di frasi o di brani più estesi tratti da libri. Perché un pittore, da solo, ormai non basta, come ama ripetere Alberola. Una sua opera, dunque, può essere una stampa in rosso e nero, costituita da una citazione di Ernest Hemingway, Rester dans certains endroits et les quitter… (1988) oppure risultare dall’unione di libri e di fumetti: nuvole di case che parlano, e raccontano estratti della Vie de Rancé di Chateubriand facendola passare per la vita di Debord (La Vie de Debord, 65 litografie, Paris, item édit., 2005). Si è portati, quindi, a leggere l’opera di Alberola, anche se la mostra sembra aprirsi con un provocatorio monito: «Merde à celui qui le lira» [merda a chi lo legge], recita una stampa del 1990. Il gioco alla provocazione è evidente anche nel quadro Suis un objet visible de votre puissance d’achat [Sono l’oggetto visibile del vostro potere d’acquisto], che può essere considerato esemplificativo del ruolo che la stampa può avere nell’immaginario teorico dell’artista, per il quale l’idea dell’edizione è «nobile, elegante e democratica». Il quadro intitolato al «potere d’acquisto» è stato venduto, nei primi anni Ottanta, a 20.000 franchi, ma Alberola ne ha in seguito ricavato una stampa della riproduzione in 50 esemplari che è stata venduta ad un prezzo 50 volte inferiore all’originale. È proprio il desiderio di far circolare la sua opera che l’ha spinto a passare, in questo come in altri casi, all’edizione; accanto alla litografia alla quale si è avvicinato nel 1983, su invito di Patrice Forest; alla serigrafia che pratica dal 1990, grazie a Eric Linard; all’incisione e alla stampa alle quali si è dedicato dal 1991, con l’editore-stampatore Piero Crommelynck. L’edizione ha per Alberola il potere di abbellire, democratizzandole, tutte queste tecniche: «Per me – scrive nell’intervista che apre il catalogo – quello che è formidabile nelle edizioni, è questa idea che quando faccio una litografia o un’incisione, è un’opera unica e dopo c’è la moltiplicazione di questa opera unica che la abbellisce “culturalmente” o, meglio, politicamente. Si passa per lo scambio». È polemica aperta verso un tipo di collezionista che non compra, ad esempio, neanche le stampe per non dover spartire la proprietà di un’opera.
Sarà questa resistenza alla condivisione che mi infastidisce, mentre contemplo la preziosa collezione del mio amico? oppure è semplicemente invidia? Non riesco a decidermi. Esito come, forse, esita lo stesso Alberola. Anche per questa esposizione, destinata a dare ulteriore prestigio (e valore) alla sua opera, come per tutte quelle che lo vedono protagonista dal 1985, Alberola ha realizzato un manifesto, l’invito e il bozzetto del catalogo che diventa un vero e proprio libro d’artista. Eppure non esita a dichiarare: «vorrei fare solo delle edizioni e delle opere che non sarebbero più vendibili, che dovrebbero essere distrutte alla fine dell’esposizione». O regalate?
Jean-Michel Alberola. L’œuvre imprimé
Bibliothèque nationale de France, site François Mitterand/ Galerie François 1er
19 maggio-23 agosto 2009

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