Le Petit Écho de la Mode

Una mostra a Parigi ripercorre il secolo attraverso la centenaria rivista di moda
di Sabina Ciminari

0003La biblioteca Forney – biblioteca municipale di Parigi specializzata nelle arti decorative, grafiche, nella moda e nelle Belle arti – ospita fino al 3 maggio una mostraLe Petit Écho de la Mode dedicata al Petit Écho de la Mode, una delle più celebri e longeve riviste femminili dedicate alla moda e alla famiglia. L’esposizione, organizzat2a e curata da Jean-Claude Isard, permette di seguire la storia centenaria del settimanale, e con essa di ripercorrere le tappe dell’evoluzione del costume e della moda francese attraverso quasi due secoli. 100 ans de presse familiale: il sottotitolo della mostra – e quindi dell’omonimo catalogo, pubblicato per le Éditions Culture et Patrimoine – ricorda che per un secolo la rivista ha accompagnato la quotidianità dei francesi, per l’esattezza dal 1880, anno in cui è stata fondata da Charles Huon de Penanster, al 1983, anno della sua chiusura, quando il suo nuovo proprietario e principale concorrente, Femmes d’aujourd’hui, lo aveva già assorbito dalla metà degli anni Settanta.
Ripercorrere la storia di questa rivista, quindi, attraverso le quattro sale in cui il materiale è esposto, equivale a seguire l’evoluzione del costume e della società francese, dalla fine dell’Ottocento, passando per le due guerre mondiali, fino agli anni Sessanta e Settanta, quando il cambiamento della stampa periodica e della società arriveranno a segnare la fine di una rivista che non riesce ad essere più specchio del costume come lo era stato ininterrottamente per decenni. L’esposizione è quindi arricchita da pezzi – provenienti da un collezionatore privato – che accompagnano le riproduzioni delle pagine del settimanale e i numeri originali esposti, come in un pend  ant che si vuole fare specchio dell’evoluzione della moda. Da una sala all’altra borse, cappelli, scarpe e vestiti si affiancano al Petit Écho, a rappresentare iconograficamente quei cambiamenti di cui la rivista era non solo specchio, ma si voleva fare anche attiva portatrice. Dal 1893 la rubrica dedicata alle lezioni di cucito è affiancata dalla presenza dei modelli di carta attraverso i quali le lettrici potevano realizzare gli abiti che prendevano ispirazione dalle tendenze del momento: la tiratura, con questi inserti da staccare e raccogliere, raddoppia e arriva ai 210 mila esemplari. Sono gli anni della nascita delle case di moda, e al tempo stesso degli straordinari grandi magazzini – Le Bon Marché, Les3 Galeries Lafayettes, La Samaritane – che contribuiscono alla “democratizzazione” della moda, alla quale il giornale dedica metà delle sue pagine, accanto a rubriche che riguardano, in generale, il savoir-vivre: sfogliare l’Écho di quegli anni (e così, senza l’attributo petit, si chiamerà la rivista a partire dagli anni Cinquanta) permette, effettivamente, di entrare nelle case della borghesia francese a cavallo fra i due secoli: le donne che comprano il settimanale, infatti, imparano attraverso le sue pagine a diventare delle vere e proprie “maîtresses de maison”. Lo spazio dedicato alla moda e alla cucina si affianca a rubriche contenenti regole – decaloghi, quasi – di educazione che riguardano il modo corretto di fare visita, ad esempio (“non entrare con l’ombrello”), fino ai consigli sull’“arte di soffiarsi il naso”. L’interesse per l’educazione dei figli, poi, negli anni Venti darà origine alle riviste figlie dell’Écho: Lisette e Pierrot, fra le altre, rispettivamente per ragazze e per ragazzi. I giovani saranno chiamati a seguire – così come le loro madri con i vestiti – le precise istruzioni per realizzare da sé dei giochi. E a leggere le storie raccontate, mentre le madri raccolgono i romanzi feuilleton che fanno aumentare, insieme ai modelli di carta, la tiratura del giornale domenicale.
Le due guerre non arrestano il successo della rivista, anzi: nei due immediati dopoguerra il clima euforico degli “années folles” prima, e degli anni Cinquanta poi, rappresentano i momenti di maggior successo della rivista. Nel 1950 la tiratura tocca il milione e mezzo di esemplari, e la rivista è segnata dall’ingresso della scrittrice ed editrice Françoise Verny, che pure non riuscirà a sollevarne le sorti, quando la competizione con le nuove riviste, ma soprattutto con i nuovi “media” e con la trasformazione della donna e del costume segneranno la fine della testata. Riflettere sulle ragioni di questo declino – che è semplicistico liquidare in questi termini – corrisponde in parte all’interrogarsi sui cambiamenti della stampa periodica femminile, non solo francese, degli anni Settanta, e sul cambiamento della lettrice dell’Écho: nelle pagine del catalogo della mostra, la formulazione di un’ipotesi è rivelatrice di come era ed è, almeno percepita, questa donna. Il romanzo feuilleton ha lasciato spazio al foto-romanzo, e il curatore si chiede se non sia stata proprio questa presenza a contribuire a deludere le lettrici tradizionali del settimanale che, sin dalla sua fondazione, aveva voluto prendere le distanze dalla stampa più frivola diretta alle donne. Il lavoro della redattrice en chef, la baronessa de Clessy, grande ispiratrice della rivista – e forse nom de plume della moglie del fondatore dell’Écho, Claire Le Roux, viene significativamente ricordato da Jean-Claude Isard e Alain Huon de Pen1anster, autori dei testi del catalogo – era segnato proprio da questo sforzo.

Le petit echo de la mode. 100 ans de presse familiale
Mostra curata da Jean-Claude Isard
Bibliothèque Forney – Hôtel de Sens
1, rue du Figuier 75004 Parigi
29 gennaio-3 maggio 2008

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