America(n), you have a dream
Nella politica e nella società americana i migliori hanno sempre affrontato i problemi cercando di superare gli ostacoli che si frapponevano al raggiungimento dei loro obiettivi con una grande capacità di “sognare” il futuro. Questo sogno tuttavia si è trasformato spesso in un incubo quando guerre all’esterno e attacchi interni al sistema democratico hanno segnato la storia di quel Paese. Il cinema ha contribuito a rendere il sogno plausibile con molti film che ne raccontano i momenti salienti dall’indipendenza dalla Gran Bretagna in poi poiché meglio di ogni altro mezzo di comunicazione (almeno fino all’avvento della televisione) il cinema si caratterizza per essere, di sua natura, una fabbrica di sogni e di incubi insieme.
Il grande regista americano David Wark Griffith ha dedicato alla storia del suo Paese tre film: La nascita di una nazione (1915), America (1924), muti e Il cavaliere della libertà (1930), sonoro. Nel secondo, successivo rispetto a La nascita di una nazione ma cronologicamente precedente per i fatti narrati, descrive romanzescamente la Guerra d’indipendenza. La versione del film giunta sino a noi è quella “ammorbidita” per il pubblico inglese. La storia d’amore fra Nathan Holden, un figlio della rivoluzione, e Nancy Montague, figlia di un benestante aderente alla fazione legalista, favorevole alla corona britannica, si intrecciano con le vicende storiche che terminarono con il raggiungimento dell’indipendenza. La lotta contro “la tassa sulla conoscenza” (Stamp act, 1865), un bollo su ogni foglio legale o periodico pubblicato nelle colonie inglesi e contro i dazi di Townshend, cancelliere dello scacchiere, sul tè e su altri beni d’importazione che violavano il principio “niente tasse senza rappresentanza”, portarono alla rivolta armata e alla Dichiarazione d’indipendenza (4 luglio 1776) stilata dal futuro Presidente Thomas Jefferson con l’aiuto di Benjamin Franklin e John Adams in base alla quale si proclamavano alcuni diritti naturali: “Vita, libertà e ricerca della felicità”, sino alla resa delle truppe inglesi (19 ottobre 1781).
Che cosa intendesse jefferson con la famosa frase “tutti gli uomini sono creati uguali”continua ancor oggi a far discutere gli storici. Alcuni sostengono che egli stava parlando semplicemente dell’uguaglianza che gli americani condividevano con gli inglesi sudditi di uno stesso monarca. Non avrebbe certo potuto descrivere lo stato attuale della società americana con le sue palpabili disuguaglianze. E non vi sono nemmeno indizi che intendesse invocare una uguaglianza di ricchezze, di proprietà o di condizioni sociali . Eppure è difficile che Jefferson non abbia avvertito le più vaste implicazioni del termine. Forse ciò che aveva soprattutto in mente era l’uguaglianza di diritti e possibilità. La natura pur dotando gli uomini di capacità diverse, aveva comunque dato a tutti ugualmente gli “inalienabili diritti” che Jefferson citava. La società ideale doveva inoltre cercare di garantire a ogni individuo la stessa possibilità di ricavare il massimo dai talenti che possedeva. Quel che la frase voleva dire per il suo autore ,comunque ,è meno importante del significato che acquisì per le successive generazioni di americani. Per loro “creati uguali” è stata un’aspirazione,un ideale, un “ principio emblematico”,come ebbe una volta a dire Lincoln., “ al quale fare costante riferimento , verso il quale tendere sempre e, anche se mai perfettamente conseguito,sempre avvicinato e di conseguenza tale da diffondere e approfondire costantemente il proprio influsso e da accrescere la felicità e il valore della vita” (M.A:Jones,Storia degli Stati Uniti d’America Milano,Bompiani,2002,p.47 XIV ed.)
Il film giudicato recentemente (P. Cerchi Usai, David Wark Griffith, Milano, Il Castoro, 2008, p. 383) “ educativo in edizione de luxe forse il più costoso film scolastico mai realizzato […] il film avrà lunga vita proprio come strumento didattico, e alcune sequenze di battaglia saranno usate frequentemente come immagini di repertorio nei programmi televisivi sulla storia americana.” Può essere aggiunta una osservazione: il dualismo fra Nathan il buono (il sogno) e l’antagonista il cattivo, il Capitano Buttler, uno scellerato traditore prima dei suoi connazionali poi del re inglese per le sue mire di potere personali, non sono solo un espediente per alleggerire la narrazione storica ma sottolineano la forza indispensabile del singolo individuo per risolvere i problemi della comunità come avverrà in molti film successivi.
Negli altri due film di Griffith che descrivono la Guerra di secessione e la figura del Presidente Lincoln, offrono una diversa versione degli stessi avvenimenti. La nascita di una nazione , uno dei film più noti insieme a Intollerance, è basato sugli scritti di Thomas Dixon che “hanno contribuito in modo determinante all’aggravarsi dell’odio razziale negli Stati Uniti proprio nel momento in cui i neri vivevano nelle condizioni peggiori dall’epoca di Lincoln” (Ibidem, p. 246).
Due famiglie, i Cameron e gli Stoneman, i cui figli hanno fatto amicizia sui banchi di scuola, si ritrovano su due avverse barricate nella Guerra di secessione, i primi con il Sud, i secondi con il Nord. Phil, il primogenito degli Stoneman si innamora della figlia maggiore dei Cameron mentre il più grande dei fratelli di lei si invaghisce di una foto di Elsie, sorella di Phil. La guerra, che viene vinta dai nordisti, li divide. La ricostruzione morale ed economica del Paese è ai primi passi quando viene assassinato il Presidente Lincoln, il più grande amico del Sud e, nello stesso tempo il maggior fautore delle posizioni abolizioniste. Nel Sud spadroneggiano i neri di cui ha abbracciato la causa il vecchio Stoneman il quale ha incaricato il mulatto Silas Lynch di sovrintendere all’estensione del diritto di voto alla popolazione nera. I comportamenti spregiudicati e talora criminali del mulatto, eletto Vicegovernatore, le tensioni che coinvolgono i membri delle due famiglie culminanti con il suicidio della sorella minore dei Cameron, insidiata da un soldato nero, motivano la costituzione del Ku Klux Klan che libera lo stato dalla supremazia nera e riporta la pace fra i bianchi, prima avversari, con il matrimonio fra le due coppie di giovani.
La sintesi del film chiarisce la tesi che viene proposta e che è fatta propria da Griffith. Sostenere che il regista non sia stato fortemente condizionato dalle opere di Dixon non è possibile: i cattivi sono i neri, prepotenti, imbroglioni, stupratori, non rispettosi delle regole. E’ certo che, il regista aveva confezionato un film che andava incontro alle aspettative della maggior parte del pubblico americano di quegli anni che si recò in massa a vederlo. Solo alcune associazioni come la Advancement of Colored People si opposero vivacemente alla proiezione della pellicola che ottenne invece il plauso del Presidente Woodrow Wilson (“E’ come scrivere la storia in un baleno. Il mio unico rammarico è che sia tutto così terribilmente vero”) (Ibidem, p. 263). Il messaggio che passò fu l’incitamento per “generazioni di americani a discriminare le persone in base al colore della loro pelle, ma questo non fu a fortiori un film che inneggia all’odio razziale” (Ibidem, p. 262). Griffith infatti non era certamente razzista e nelle sue dichiarazioni disse e ripeté di essere stato frainteso. Il film successivo Il cavaliere della libertà può essere considerato una prova. Nell’introduzione schiavi di colore sono stipati in una nave diretta in America in condizioni di vita disperate tanto che in una scena si gettano i cadaveri in mare. E’ il 1809 anno di nascita di Lincoln, la cui biografia è basata sui testi di Carl Sandburg, un poeta di successo, il cui risultato è “una saga in forma di tableaux vivants” dove importa non l’intrecciarsi delle vicende private con un fenomeno collettivo ma solo le loro ripercussioni sulla vita intima dell’eroe. Sono scanditi i momenti più salienti della vita di Lincoln dall’innamoramento giovanile a New Salem per Anne Rutledge, morta improvvisamente, agli studi di giurisprudenza, al matrimonio con l’ambiziosa Mary Todd, al fallito tentativo di ricoprire la carica di senatore ed alla sua candidatura ed elezione a Presidente. Seguono una serie di episodi notevoli: “la sua tempestosa relazione con i ministri; la disillusione sull’andamento del conflitto e la nomina di Ulysses S. Grant a comandante dell’esercito; il decreto di emancipazione della gente di colore promulgato nonostante le obiezioni dei suoi consiglieri; la grazia concessa a un disertore condannato a morte […]; l’assassinio al Ford Theatre da parte di John Wilkes Booth” (Ibidem, p. 412).
Non avendo Griffith gettato un ponte, come nei due film precedenti, fra la storia e la gente comune, il pubblico americano, amante delle storie individuali e amorose, non ne decretò il successo.