Winter school di storia per adulti: Populismi, Frontiere…

1) Populismi e Intellettuali: ricerca di Fabio Guidali

Abstract: Il termine populismo è oggi altamente inflazionato. Divenuto sinonimo di demagogia e caricatosi di una certa sfumatura qualunquista, è usato ormai più come un’insinuazione discriminatoria che non come espressione pregna di un significato preciso. Populista è, innanzitutto, colui che crede nelle virtù (sempre e solo positive) e nei diritti della gente comune, nonché nel legame diretto tra il leader carismatico e le masse, considerate l’unica fonte di legittimazione del potere. Ne consegue la perdita di rilevanza della classe dirigente, perché al popolo si aderisce solo attraverso l’istinto (non importa se in maniera sincera oppure con meri obiettivi elettoralistici). Eppure, staccato dalla stringente attualità, il concetto di populismo acquista complessità ideologica e profondità storica, che consentono di guardare in maniera misurata anche ai fenomeni che oggi indichiamo appunto come populisti, e soprattutto di affermare che l’assenza di qualunque mediazione è pura illusione.

La ricerca è stata finanziata dai corsisti iscritti al corso Populismi della Winter school, Milano 9-30 ottobre 2017. Un sentito ringraziamento a: Cinzia Agnesini, Vincenzo Barone, Laura Crippa, Monia Colaci,Giovanna Faccanomi, Ausilia Greco, Serena Liotta, Marino Livolsi, Marialuisa Parazzini, Bianca Polese, Emilia Pogliani, Bianca Polese, Barbara Robecchi, Domenico Tampellini, Annamaria Testa.

Benito Mussolini sulla copertina della Domenica del Corriere

Benito Mussolini sulla copertina della Domenica del Corriere

 

2) Frontiere: ricerca di Simone Bellezza

Abstract: Nel linguaggio comune della vita quotidiana, utilizziamo i termini
“confine” e “frontiera” in maniera pressoché intercambiabile: “sono al confine
con la svizzera” e “sono alla frontiera con la Svizzera” sono espressioni
equivalenti. Tuttavia anche nel linguaggio comune la differenza tra i due vocaboli
si rivela nei termini a loro associati: mentre si parla di una “linea di confine”, si fa
invece riferimento a un’area quando si ci si trova in una “zona di frontiera”. La
lingua inglese è ancora più precisa dell’italiano e per esprimere la nostra idea di
confine ritroviamo persino due parole: “border” e “boundary” che, nonostante
qualche confusione, possono in genere essere riferiti ai confini di fenomeni
centripeti o centrifughi. Gli stati possiedono un “border” ovvero un confine
all’interno del quale tutto deve rispondere alle direttive del centro, mentre la
linea di massima diffusione di un fenomeno verso l’esterno (una moda, un
giornale etc.) è definito “boundary”. Benché talvolta anche queste linee subiscano
dei cambiamenti, esse sono in ogni caso concepite come abbastanza stabili.
L’idea di frontiera deriva, anche etimologicamente, dalla parola “fronte”, ovvero
dall’idea di un cambiamento, dello spostamento, della commistione o addirittura
dello scontro (il fronte di guerra). La frontiera è quindi, anche nel linguaggio
quotidiano, più incerta, soggetta al cambiamento e all’incontro con l’ignoto: si
pensi al celeberrimo Star Trek e all’esplorazione dello spazio, che è giustamente
definito “l’ultima frontiera”.

La ricerca è stata finanziata dai corsisti iscritti al corso Frontiere della Winter school, Milano 6-27 novembre 2017. Un sentito ringraziamento a: Cinzia Agnesini, Claudia Alemani, Patrizia Chiaramonte, Matteo Gambettino, Ausilia Greco, Carlo Gussoni, Antonietta Esposito, Licia Mantovani, Nora Melino, Fabrizio Piergiorgio, Barbara Robecchi, Stefania Spiritelli.  

Europe13e Siecle

Europe13e Siecle

 

3) Profughi: di Matteo Villa

vedi sull’articolo su questo SITO 

La presente ricerca è stata finanziata dai corsisti iscritti al corso Profughi della Winter school, Milano 8-29 gennaio 2018. Un sentito ringraziamento a: Cinzia Agnesini, Claudia Alemani, Patrizia Chiaramonte, Fabio Comini, Ausilia Greco, Carlo Gussoni, Margherita Mainini, Lea Miniutti, Luisa Pedretti, Daniela Zambrano.

rifiugiati siriani

 

4) Europa: di Anna Ferrando

vedi l’articolo completo su questo SITO

La presente ricerca è stata finanziata dai corsisti iscritti al corso Profughi della Winter school, Milano 5-26 febbraio 2018.

Estratto: Dopo il crollo del muro di Berlino, l’“altro orientale” diventava interno all’Europa, sollevando la questione dell’“altro asiatico”, e in tali spostamenti di confine — questa l’accusa degli intellettuali come Handke e Ivekovic — l’Europa agiva verso Est come un grande nazionalismo, creando un’identità europea attraverso l’esclusione e l’emarginazione. Ecco dunque che i Balcani e le loro tragedie del Novecento ponevano l’Europa di fronte a se stessa e al problema di essere fondata sullo Stato-nazione[1], proprio quello Stato-nazione che i federalisti europei di cui si parlava nel secondo paragrafo avrebbero voluto superare sin dagli anni Trenta nel nome di uno Stato universale[2].

[1] Cfr. Stefano Bianchini, Il crollo della Jugoslavia: le fonti della sua instabilità interna, in Jugoslavia perché, cit., pp. 49-50.

[2] Cfr. Corrado Malandrino, Critica dello Stato-nazione ed Europa nel pensiero federalista di Silvio Trentin, in Altiero Spinelli il federalismo europeo e la resistenza, cit., p. 135.

1994: gruppi etnico-religiosi nell'ex Jugoslavia.

1994: gruppi etnico-religiosi nell’ex Jugoslavia.

 

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