Dal telegrafo a internet

Una “grande rivoluzione” minaccia i giornali, alcuni dei quali “dovranno arrendersi al destino e scomparire”. Parole attuali, se riferite alla “rivoluzione Internet” che affligge da qualche anno le testate giornalistiche di tutto il mondo. Ma che sono in realtà state pronunciate nel 1845 da James Gordon Bennett, editore e direttore del New York Herald, in relazione alla “grande rivoluzione” del telegrafo, che all’epoca minacciava di investire l’industria dell’informazione e il perno unico attorno a cui essa ruotava: la carta stampata.
Corsi e ricorsi storici. Che un articolo pubblicato il 17 dicembre 2009 sul settimanale The Economist, porta all’attenzione del dibattito sul futuro dell’informazione.
Chi si interroga sulla “morte” dei giornali, sulla capacità della carta stampata di sopravvivere alla Rete, può trovare nel confronto interessanti spunti di riflessione e una ragionata conclusione sulla prevalenza del contenuto rispetto al medium che lo veicola.
Di seguito, la traduzione di ampi stralci dell’articolo.Qui l’originale.
Gli effetti della rete
Come una nuova tecnologia delle comunicazioni stravolse l’industria americana dei quotidiani nel 1845
Il cambiamento è nell’aria. Una nuova tecnologia delle comunicazioni minaccia di produrre una radicale trasformazione nell’industria americana dei quotidiani, modificando lo status quo e distruggendo il business model che ha caratterizzato l’industria per anni. Questa “grande rivoluzione”, mette in guardia un editore, significherà che alcune pubblicazioni “dovranno arrendersi al destino e scomparire”.
Con i molti giornali americani che nei mesi scorsi hanno dichiarato bancarotta, i loro lettori e inserzionisti sedotti da alternative meno costose su Internet, questa profezia catastrofista suona familiare. Ma in realtà è stata formulata nel maggio del 1845, quando la rivoluzionaria tecnologia all’ordine del giorno non era Internet, ma il telegrafo elettrico.
Solo un anno prima, nel maggio del 1844, Samuel Morse aveva connesso Washington con Baltimora via cavo e inviato il primo messaggio ufficiale, in punti e trattini. (…) Non appena si sviluppò attraverso il Paese una rete di cavi, indicata dagli osservatori contemporanei come “la grande superstrada dei pensieri”, fu ovvio che questa nuova tecnologia avrebbe avuto un enorme impatto sull’industria dei giornali. Ma il telegrafo sarebbe stato un amico o un avversario?
James Gordon Bennett, editore e direttore del New York Herald e autore della fosca profezia del maggio 1845, concluse che il telegrafo avrebbe messo molti giornali fuori dal mercato. “Quanto alla carta stampata, essa sperimenterà in una certa misura, che dovrebbe essere fatale in un gran numero di casi, gli effetti della nuova modalità di circolazione dell’intelligenza”, scrisse. (…)
Il telegrafo rappresentò una minaccia per il controllo dei giornali sulle notizie, che era stato esso stesso una conquista relativamente recente. Agli inizi dell’800 i quotidiani erano infatti tremendamente lenti. Ricevevano notizie via posta, alcune delle quali riferite da corrispondenti, ma la maggior parte copiate da altri quotidiani, come parte di un sistema di scambio. (…) I più avidi collettori di notizie erano gli uomini d’affari, alcuni dei quali fungevano da corrispondenti dei giornali. Ma i mercanti che avevano a che fare con le informazioni, tenevano per se stessi tutte quelle che avessero ancora un valore commerciale.
Le cose iniziarono a cambiare verso la fine degli anni ’20 dell’800, quando due giornali di New York, il “Journal of Commerce” e il “Courier and Enquirer”, iniziarono a competere per i lettori. Entrambi iniziarono a usare pony express per ricevere notizie da altre città e navi veloci per andare incontro ai vascelli in arrivo e ottenere le informazioni dell’estero con una manciata di ore di anticipo. Negli anni ’30 la competizione si intensificò con la “penny press”, che era meno costosa e destinata a un pubblico più ampio. (…) Elaborati stratagemmi, che includevano navi veloci, piccioni viaggiatori, treni espresso e anche sistemi di segnalazione con bandiere fecero in modo che i giornali, non gli uomini d’affari, iniziassero ad ottenere le notizie prima. (…)
Negli anni ’40 il telegrafo, all’apparenza, avrebbe messo fine a questa produttiva rivalità tra giornali. Notizie fresche e informazioni commerciali sarebbero adesso arrivate prima all’ufficio del telegrafo; i giornali, assieme ai mercanti e a chiunque altro, avrebbero dovuto aspettare per riceverne. Le stazioni del telegrafo avrebbero instaurato un nuovo monopolio sulla distribuzione delle notizie e avrebbero venduto al miglior offerente un accesso prioritario alle notizie. I giornali non sarebbero stati in grado di competere. La diffusione avrebbe subito un declino e gli inserzionisti sarebbero scomparsi. La democratizzazione delle notizie sarebbe rimasta incompiuta.
C’era una speranza, comunque. Bennett credeva che pochi giornali che fornivano commenti e analisi (incluso l’Herald) sarebbero sopravvissuti. “Il telegrafo non minerà i periodici, né quei quotidiani che hanno alcune peculiari caratteristiche”, profetizzò. Ma avvertì che i “meri quotidiani”, che semplicemente riportavano le notizie, erano spacciati. E non era il solo di questa opinione. L’Alexandria Gazette riteneva che il telegrafo d’ora in avanti avrebbe diffuso le notizie, lasciando ai quotidiani di “esaminare le cause, individuare gli effetti, evidenziare i giudizi e dirigere le riflessioni degli uomini”. Sembrava che l’unico modo per sopravvivere fosse quello di offrire analisi e opinioni, o di concentrarsi su eventi in ambiti ristretti, troppo oscuri da meritare la copertura attraverso i servizi di diffusione delle notizie via telegrafo. Un rimodellamento dell’intera industria sembrava essere imminente.
Notizie non così brutte, dopo tutto
Il telegrafo ridisegnò l’industria dei quotidiani, ma non nel modo che Bennett e altri avevano predetto. Perché anche se i cavi del telegrafo potevano diffondere le notizie più rapidamente di sempre, avevano il problema “dell’ultimo miglio”: non potevano distribuire notizie velocemente a migliaia di persone. Solo la carta stampata poteva farlo. Così anziché mettere i giornali fuori commercio, il telegrafo li rese ancor più attraenti e aumentò le loro vendite. Per la prima volta divenne possibile leggere notizie economiche e politiche aggiornate a poche ore dal momento in cui si erano verificate. (…) E per storie in rapida evoluzione, i giornali avrebbero pubblicato edizioni speciali con aggiornamenti inviati via telegrafo.
Quando fu stabilito il primo collegamento telegrafico transatlantico, nel 1858, uno dei primi messaggi mandati dall’America fu “Preghiamo darci notizie per New York: impazziscono per le notizie”. (…)
E le paure che le compagnie telegrafiche avrebbero imposto il loro monopolio sulle informazioni? Erano infondate: ci furono uno o due tentativi delle compagnie telegrafiche di mettere in piedi servizi di notizie, ma gli operatori del telegrafo non erano giornalisti e manovrare cavi e mettere in opera reti, si scoprì essere un’impresa molto diversa dalla raccolta delle notizie. Al contrario, i giornali stessi presero il controllo della diffusione delle informazioni via cavo, con la creazione dell’Associated press. Essa nacque da uno schema, fissato nel 1846, per condividere i costi dell’informazione sulla guerra in Messico tra più giornali di New York. Con l’effetto di ridurre il grado di competizione tra i giornali.
Allo stesso tempo la distribuzione delle notizie via telegrafo e il bisogno di informazioni che potessero essere condivise su ogni quotidiano, qualunque fosse la sua posizione politica, diede vita a un nuovo stile di scrittura: breve, dritto al punto e dal tono neutrale (o, com’è adesso chiamato, “telegrafico”).
La fine di ogni congettura?
                                                                                   
(…)
Quale lezione per i quotidiani che adesso stanno lottando corpo a corpo con la Rete? Il telegrafo che è stato in un primo momento visto come una minaccia per i giornali, è stato poi cooptato e usato a loro vantaggio. (…)
Oggi i giornali stanno facendo del loro meglio per cooptare Internet. Hanno varato edizioni online, allestito blog e incoraggiato il dialogo con i lettori. Come il telegrafo, la Rete ha cambiato lo stile dell’informazione e costretto i giornali a essere più tempestivi e accurati, e i politici a essere più coerenti. (…) Anche se ancora una volta vengono formulate profezie sulla morte dei giornali. (…)
La Rete potrebbe uccidere i giornali, è vero; ma non è chiaro se è questo quel che importa. Per la società, quel che conta è che le persone possano avere accesso alle notizie, non che esse siano diffuse attraverso un particolare medium; e per i consumatori, più velocemente esse viaggiano, tanto meglio. (…)
Internet sta sconvolgendo il business delle notizie come fece il telegrafo; allo stesso modo, l’umanità sarà meglio informata sui suoi simili di prima. Se le edizioni di carta moriranno, allora la profezia di Bennett che la tecnologia delle comunicazioni avrebbe significato la morte dei quotidiani si rivelerà esatta, seppure in ritardo. Ma questo non vuol dire la morte delle notizie.

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