Olimpiadi di Roma: il fenomeno Wilma Rudolph

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25 agosto 1960: si aprono le Olimpiadi di Roma

60 anni dopo quell’evento, il primo trasmesso in mondo visione, resta un punto di svolta. Anche per lo sport femminile. E per quello degli atleti di colore. A rileggere oggi le cronache, anche le migliori di quei giorni, si nota quanta strada, in fondo, in tema di diritti e di consapevolezza dei media abbiamo fatto. Nel raccontare una straordinaria atleta di colore, Wilma Rudolph, vera regina dei giochi, al pur ottimo giornalista dell’Europeo Franco Pierini, non veniva in mente niente di meglio che scrivere:

«Fino a quando le foto-grafie non furono sviluppate, pochi si accorsero che Wilma Rudolph aveva le gambe più belle del villaggio olimpico. Fino a quel momento, infatti, tutti l’avevano guardata come un fenomeno dell’atletica leggera femminile, vincitrice di tre medaglie d’oro, non come una graziosa giovane negra che avrebbe potuto benissimo figurare con il suo corpo asciutto ed elegantissimo in un quadro di sapore esotico delle Folies Bergère…»

Di sicuro gli sarà sembrato un complimento…

Wilma Rudolph vince i 100 metri alle Olimpiadi di Roma del 1960. Al terzo posto si piazza Giuseppina Leone.

Ma chi era Wilma? Wilma Glodean Rudolph La “gazzella nera” fu l’eroina indiscussa dei Giochi olimpici di Roma nel 1960, la prima donna nella storia americana a conquistare tre ori (100 e 200 metri, e staffetta 4×100) in un’unica Olimpiade. La Rudolph in pista corre-va leggiadra e fondeva esplosività ed eleganza senza pari. Sembrava nata per correre; tuttavia, alle spalle aveva una storia personale assai sfortunata. Nata il 23 giugno 1940 a Clarksville (Tennessee) da una famiglia di contadini, Wilma da piccola venne colpita da una grave forme di poliomielite le impedì, inoltre, di camminare fino a otto anni. Ma a 11 abbandonò il supporto di ferro della gamba destra e iniziò a correre, bruciando le tappe. Alle Olimpiadi di Melbourne del ’56 contribuì al bronzo statunitense nella 4×100. Ma fu a Roma che entrò nella leggenda dello sport. La Rudolph successivamente divenne una paladina della lotta al razzismo e si dedicò all’insegnamento. Morì nel 1994 sconfitta da un tumore al cervello.

Qui sotto l’articolo dell’Europeo n. 38 del 1960, come fu riproposto nella versione mensile del 2004:

 

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