Roberto Tremelloni: l’attività giornalistica ed editoriale negli anni venti e trenta del novecento.

di Carlo Carotti
RobertoTremelloni_intIl milanese Roberto Tremelloni, nato in una famiglia di modeste condizioni economiche il 30 ottobre 1900, ha partecipato come personaggio di primo piano a  iniziative sorte  negli anni Venti e Trenta del secolo passato con obiettivi antiregime. La sua attività pubblicistica, editoriale e didattica, quest’ultima ha accompagnato le altre “esperienze”, è stata  notevole.
Sin dalla prima giovinezza, dopo essersi diplomato in ragioneria all’Istituto Cattaneo di Milano nel 1917, aspirava a diventare giornalista. Diresse infatti “Avvenire”, un bollettino studentesco. Collaborò  alla “Gazzetta dello Sport” e alla redazione sportiva e alla cronaca cittadina di “La Sera”. Dopo la fine della prima guerra mondiale divenne giornalista professionista sempre a “La Sera”, come redattore ed inviato speciale.
Nel 1919 fonda, con la collaborazione del fratello Attilio[1], la  Casa editrice Aracne. In Politica, è breve la permanenza, prima della guerra, nei giovani del partito repubblicano. Nel 1922 si iscrive al partito socialista unitario (Psu). Accetta la gestione del “Quarto Stato” di Rosselli che lo vede anche collaboratore[2]. Accanto alla rivista era stata prevista una collana di saggi “che avrebbe costituito uno strumento di conoscenza per i nostri gruppi antifascisti. Il primo volume che riuscimmo a stampare –ricorda Tremelloni- , era Il capitale finanziario di Rudolf Hilferding, che non poté varcare le soglie della tipografia poiché fu sequestrato dalla polizia pronta a intravedere azioni politiche eversive in qualsiasi carta stampata”[3]. Nel 1926 entra nell’Ufficio studi della Confederazione generale del lavoro chiamato a dirigere “Battaglie sindacali”, periodico della organizzazione che dirigerà fino alla sua soppressione. Firma il manifesto di Gobetti che esprime solidarietà a Gaetano Salvemini. Nei primi anni Trenta tiene alcuni corsi come Privat docent presso la Facoltà di Scienze economiche e sociali dell’Università di Ginevra.
La Casa editrice Aracne fondata, come si è detto, nel 1919 (la data non è certa; la si deduce dal primo anno di stampa del periodico tecnico “La maglieria”), pubblica nel 1921 un piccolo libro Occhiate di un cronista.  A testimonianza della passione che nutre per quella professione, Tremelloni sotto lo pseudonimo di Tremellius,  interviene in difesa dei giornalisti. E’ una difesa “con umoristico brio”: il giornalista è considerato dal lettore «lo sbafatore per eccellenza, goliardo, pazzo e scapigliato, eternamente circondato di favori e sorrisi… giornalista è poi, presso un certo pubblico, l’uomo venduto alla causa che volente e nolente difende; anzi il prototipo dei lazzaroni e degli opportunisti e tanta altra bella roba». L’autore passa quindi in rassegna le diverse situazioni in cui può trovarsi il cronista (di nera, sportivo, inviato speciale); i personaggi con i quali ha rapporti (lo scocciatore, Sua Eccellenza, il pubblico delle lettere ai giornali, l’intervistato, i congressisti). Aggiunge poi le giornate di magra ed infine i tipi di giornalisti milanesi di cui fa una sintetica rassegna[4].
Dal “Giornale della Libreria” del 1923 (p. 335) si apprende che la Casa editrice  è depositaria e distributrice delle pubblicazioni del Bureau Internationale du Travail (Lega delle nazioni) ossia della “Revue Internationale du Travail”, “Informations sociales”, “Annuaire Internationale du Travail”. Tra le recenti sue pubblicazioni di Aracne vengono segnalate L’igiene dell’occhio e l’illuminazione industriale; I salari dal 1914 al 1922; I tre turni dell’industria metallurgica e alcune riviste tecniche “Auto italiana” e “La maglieria”.Nello stesso anno Tremelloni dà alle stampe per la sua casa editrice L’Organizzazione Internazionale del Lavoro il cui notevole successo è significativamente rappresentato dalle numerose recensioni e dalla successiva e immediata ristampa nel 1924. Nella prefazione Angiolo Cabrini lo definisce un “ferro del mestiere” per tutti coloro “che nel Parlamento, nel giornalismo politico e sindacale, nelle organizzazioni padronali e operaie e negli istituti di azione sociale sentono il bisogno di avere riuniti in un solo volume il notiziario e le documentazioni attinenti al movimento della legislazione del lavoro”[5]. E’ un libro di un giornalista ed è il primo che si inscrive nella letteratura italiana del genere. “Oggi – prosegue Cabrini – la classe lavoratrice di molti paesi riconosce il valore di ‘linea del Piave’ alle conclusioni adottate a Washington nel 1919 dalla I Conferenza Internazionale del Lavoro, conclusioni svalorizzate dall’estremismo rivoluzionario e qualificate (anche da elementi temperati) come concessioni risibili e tardive offerte dalla classe dirigente al proletariato prossimo alla presa di possesso della società borghese. Domani la funzione moderatrice ed equilibratrice della legislazione del lavoro sarà riconosciuta e conclamata anche da molte forze che oggi le attraversano la strada”[6]. Può sembrare un libro troppo italiano,  va invece data viva lode perché ha posto in evidenza “idee, consigli e proposte portate dalla rappresentanza del nostro paese nel movimento”. In particolare “l’estensione della legislazione del lavoro all’agricoltura; la parità dei diritti fra lavoratori nazionale e lavoratori immigrati di fronte alla legge e alle libertà sindacali; la partecipazione di tutte le nazioni all’Organizzazione Internazionale del Lavoro; la graduale trasformazione dell’annuale Conferenza Internazionale in organo munito di poteri deliberativi”[7].
Il volume esamina le proposte via via formulate dal sogno di Owen nel 1818  agli anni recenti; ed è composto da brevi biografie dei personaggi più eminenti che hanno contribuito alla formazione di un corpus legislativo di settore. All’Italia viene dedicato un capitolo e passati in rassegna  i giudizi  dati dalle  diverse organizzazioni sindacali.
Le prime pubblicazioni di Aracne dimostrano il vivo interessamento dei Tremelloni per i problemi del lavoro, pubblicazioni che si affiancano ad una attività più pratica riguardante la stampa tecnica (Annuario dell’industria italiana della maglieria, 1924; Primo calendario per l’industria tessile, 1926; i molti numeri speciali della rivista “La maglieria” dedicati ad aspetti specifici del settore).
Sotto l’impulso di Carlo Pagni, un economista bocconiano, viene edita da Aracne “L’industria lombarda” settimanale politico industriale, che raccoglie attorno a sé, oltre a Tremelloni, Libero Lenti, e, per alcune recensioni nel 1929, il giovane Rodolfo Morandi[8]. Questa collaborazione continuerà, ad esclusione di Morandi, col Gruppo degli Amici della Razionalizzazione (GAR) riuniti insieme a Mazzali[9] e ai suoi amici attorno a “L’Ufficio Moderno”[10].
Non collegata ad Aracne, ma nel solco della difesa dei lavoratori e dei loro risparmi, il giovane intraprendente Tremelloni  pubblica Come impiega i propri risparmi il lavoratore italiano (1925) che alla fine degli anni Venti consolida e rende concreta con una azione pratica insieme ad alcuni amici Carlo Pagni, Ferdinando Di Fenizio, Cesare Vannutelli, Mario Segre “e qualche altro”, intervenendo nelle assemblee per rendere chiare e complete le relazioni di bilancio delle grandi società anonime.  “Costituimmo un piccolo pool, acquistando una trentina di singole azioni delle grandi società, per poter partecipare alle assemblee annuali e poter prendere la parola onde chiarire molte cifre circondate da assurda segretezza. Ritenevamo nostro dovere di cittadini risparmiatori, far luce sui bilanci delle grandi aziende. Così affermammo il diritto all’informazione del risparmiatore e la notizia della rivolta dell’azionista ebbe successo tanto che le relazioni delle grandi aziende migliorarono”[11].

Negli anni Trenta le iniziative di Tremelloni hanno come obiettivo l’economia, il lavoro e la stampa tecnica. La sua partecipazione al GAR, gruppo che venne definito con qualche esagerazione un “rinverdimento” di una tradizione milanese, “quella dei Verri e cioè dar vita ad una specie di Accademia dei Pugni che ci consentisse nei limiti imposti dallo spegnimento d’ogni opposizione sistematica al regime, di parlare d’argomenti che con la razionalizzazione avevano ben poco a che fare»[12], era più modestamente da lui qualificata: “ricerca e azione dei politici intellettuali – aiutare i politici a prendere decisioni razionali”[13]. Inoltre con i suoi articoli su “L’Ufficio Moderno”[14], “L’Industria lombarda” e “L’Organizzazione scientifica del lavoro”, delineava la sua interpretazione della razionalizzazione del lavoro che lo coinvolse  in un dibattito già ampiamente descritto da Giulio Sapelli ne l’Organizzazione lavoro e innovazione industriale nell’Italia tra le due guerre (Torino, Rosenberg & Sellier, 1978, pp. 145-153) che lo ha inquadrato in un contesto nazionale e internazionale.

I titolari di Aracne colgono anche l’occasione del GAR per pubblicare “La Borsa”, una rivista quindicinale dei mercati finanziari che ha avuto vita breve, dal 1933 al 1934. Tremelloni ne spiega bene la genesi in un appunto reperito nel suo archivio[15]. Il modello era la stampa anglosassone (“The Economist”; “Financial News”; “Wall Street Journal”). Il periodico orientato  in senso liberale tenne un atteggiamento critico nei confronti del New Deal con l’intento di “criticare” il corporativismo fascista. Incoraggiato da Alberto Ferrante, allora segretario della Borsa di Milano, Tremelloni diresse di fatto la rivista ma non poté comparire per la sua nota ostilità al regime. Responsabile venne indicato Sergio Rimini, socio di Aracne. La testata contava come collaboratori alcuni amici, Libero Lenti, Ferdinando Di Fenizio,  Cesare Vannutelli, Mario Segre e qualche altro[16]. Personalmente scriveva gli editoriali e articoli in materia monetaria. Oltre agli amici già citati, la rivista si valse di  studiosi italiani e stranieri come Luigi Einaudi e F. A. Von Hayek. “La Borsa” si situava quale punto di mezzo tra il quotidiano necessariamente superficiale e la rivista scientifica necessariamente inaccessibile al gran pubblico. Era suddivisa in rubriche (mercato monetario, mercato valori, merci e prezzi, mercati industriali, esame bilanci, gli indici). Nell’aprile del 1934 venne soppressa con decreto prefettizio “perché non seguiva le direttive del regime” (Appunto manoscritto di Tremelloni in A.T.1.1.27)

Nei primi anni Trenta Aracne, seguendo la sua iniziale vocazione editoriale, aveva anche pubblicato un ristretto ma non trascurabile numero di volumi: Dieci anni di organizzazione internazionale del lavoro/corrispondenza italiana dell’Ufficio internazionale del lavoro pref. di Alberto Thomas (1931), Analisi di statistica economica (1934) di Libero Lenti, Questioni monetarie (1934) di Ferdinando Di Fenizio.
Nel 1935 gli azionisti della S.A. Immobiliare Stradella con sede in Milano nell’assemblea del 25 marzo deliberarono il cambiamento della denominazione in Società Anonima tipografica Aracne; la modificazione dell’oggetto sociale: esercizio dell’industria tipolito-cartografica e la compravendita di aziende similari; la sostituzione al Consiglio di amministrazione con un unico amministratore nella persona del signor Sergio Rimini e l’aumento del capitale da L. 10.000= a L. 30.000=. Si trovano quindi ad operare allo stesso indirizzo di Via F. Hayez 5 due società :la Casa editrice Aracne e la Società anonima tipografica “aracne”.
Anche le pubblicazioni (bastano i titoli) segnalano un mutamento di rotta con il volume di  Di Fenizio, Politica agraria tedesca: saggio sull’economia regolata in Germania (1937) e quello di  Valentino Dominedò, La concorrenza imperfetta e l’economia corporativa (1935).  La produzione inoltre si concentra soprattutto sulla stampa tecnica di libri e periodici che già era abbondantemente presente nel primo quinquennio degli anni Trenta (dalle quattro  riviste del 1931[17] alle sempre più numerose nel corso del decennio). Aumentano ancora nei primi anni Quaranta con una particolare attenzione per il settore tessile al quale Tremelloni aveva dedicato un suo contributo pubblicato però da Einaudi nel 1936 (L’industria tessile italiana)[18]. Su “Il Sole” il volume, viene giudicato da Libero Lenti «ben fatto, serio, completo in ogni parte, agitatore di idee; chi lo scorrerà potrà accorgersi man mano che la lettura procederà, che il libro si raccomanda da sé»[19]. Anche Rinaldo Rigola su “Il Lavoro” del 29 dicembre 1936 in occasione di una prossima Conferenza tripartita sull’industria tessile e sul lavoro da tenersi a Washington, cita ampiamente i dati contenuti nel libro di Tremelloni «i quali varranno assai più delle parole, a dare una visione di insieme dello stato presente dell’industria tessile nel mondo».
La stampa tecnica non è per Tremelloni soltanto un “ripiego” rispetto ai temi del lavoro e della sua razionalizzazione. Infatti nel Congresso nazionale di settore del 1937 tiene una relazione, Mezzi per sviluppare e far progredire la stampa tecnica, (Milano, Tip. Pinelli ,1937) nella quale mette in rilievo il suo straordinario sviluppo negli ultimi decenni nonostante alcuni limiti. Due sono i principali problemi che “dovrebbero trattare” gli addetti ai lavori: quello redazionale e quello editoriale. Il primo è il bisogno di affermazione delle funzioni affidate a questo tipo di stampa, una pressante necessità di soddisfare i bisogni degli studiosi e dei pratici, affidando ai giornalisti, che devono conoscere in modo non superficiale i principali temi connessi al ramo trattato dal periodico, la redazione della rivista, non formata da “ritagli” dei giornali quotidiani o “mezzo varietà e mezzo chiacchiere”. Insomma un’utile “indagatore” che riceve dagli informatori e dai funzionari delle organizzazioni di categoria notizie originali e particolareggiate che non siano riservate.
Il secondo deve riservare all’editore quel compito che tutti ritengono di poter risolvere senza specifica preparazione ossia l’onore e l’onere della gestione del periodico, del “lanciamento”, dell’amministrazione. Le associazioni, gli organismi, gli enti, gli istituti e le scuole non devono confondere la stampa tecnica con quella pubblicitaria o di propaganda dei propri prodotti o servizi.
“Mentre il giornale politico è soprattutto ‘formativo’ quello tecnico è soprattutto ‘informativo’: deve quindi ‘servire’ il consumatore di notizie, deve costituire una stanza di compensazione dell’informativa tecnica, deve raccogliere, discutere, vagliare, presentare nella forma migliore, nel minor spazio possibile, la notizia. Deve avvicinare la scienza alla tecnica e la tecnica al pubblico”.Con questo intervento Tremelloni espone non solo la sua valutazione sulla stampa tecnica ma difende anche l’attività della sua casa editrice che propone libri e una serie di riviste tecniche in abbonamento.
Nel 1938 si deduce da una notizia del “Giornale della libreria”  (n. 46, p. 324) che le due società: Casa editrice “Aracne” e Società anonima tipografica “aracne”, sono confluite in un’unica Soc. An. Ed. Tip. Aracne di cui diventa amministratore unico Attilio Tremelloni avendo Sergio Rimini pregato l’assemblea dei soci di accogliere le sue dimissioni per ragioni di salute.
Durante la seconda guerra mondiale Tremelloni si dedica agli studi e alla programmazione di un volume di storia economica italiana dal 1861 e, poco prima della Liberazione pensa di pubblicare un quotidiano tipo “Financial Times” e un settimanale come “ The Economist”. Tenta inoltre di resuscitare il GAR che diventa Gruppo di Attività per la Ricostruzione di cui compone l’Atto costitutivo, lo Statuto e un primo elenco di presunti aderenti fra quali figurano, oltre ai noti amici di Tremelloni, Pasquale Saraceno, Virgilio Dagnino, Antonio Basso, Giuseppe Faravelli, Luigi Rusca, l’Avv. Tino, il prof. Vito e Antonio Valeri che offre da parte della Direzione generale della Motta carta da lettere e cartoline per la diramazione degli inviti alla prima riunione.
Da ricordare infine che nel luglio del 1946 Tremelloni divenne  sottosegretario al Ministero per l’Industria e Commercio, collaboratore principale del Ministro Rodolfo Morandi anche se successivamente i due socialisti presero strade diverse.


[1] Attilio Tremelloni 1903 -1985. Esperto in tecnologie tessili, fondò con il fratello Roberto la casa editrice Aracne e diresse dal 1919 la rivista “La maglieria”. E’ autore nel 1925 di Note tecniche sulla fabbricazione della maglieria (cfr.: “Giornale della libreria”, 1925, fasc. 2, p. 62).
[2] R. Tremelloni, Qualche appunto intorno al “Quarto Stato” (1926) in, Esperienze e studi socialisti in onore di Ugo Guido Mondolfo a cura di Critica Sociale, Firenze, La Nuova Italia, 1957, pp. 325-331.
[3] Appunto manoscritto di R. Tremelloni in, Archivio Tremelloni, 11.12.6.
[4] In appendice aggiunge una sintesi della critica di Bauman ai ricordi autobiografici del giornalista inglese Kennedy Jones divisa in brevi paragrafi che riguardano funzioni, motivazioni e aberrazioni della professione.
[5] R. Tremelloni, L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (macchine per il progresso sociale). Pref. di A. Cabrini, Milano, Aracne, 1923, pp. 5-6.
[6] Ibidem.
[7] Ibidem.
[8] C. Carotti, “L’Ufficio Moderno” di Guido Mazzali e il GAR…, “Storia in Lombardia”, XXI, 2001,2, p. 73, n. 41.
[9] Guido Mazzali 1895 – 1960. Giornalista e uomo politico socialista. Durante il fascismo si occupò di pubblicità e diresse la rivista “L’ufficio moderno”.
[10] Ibidem, pp. 67-91.
[11] Archivio Tremelloni, 111.25. Da un appunto dello stesso Tremelloni non coevo.
[12] L. Lenti, Le radici nel tempo. Passato al presente e futuro, Milano, Angeli, 1983, p. 64.
[13] Archivio Tremelloni, 111.25 (2.3.3) appunto manoscritto
[14] Tremelloni recensisce la Storia della grande industria di Morandi e rileva che l’autore “assume spesso un tono polemico, aspramente polemico”. Non è troppo amico della grande industria alla quale si rimprovera cose che potrebbero rimproverarsi alle industrie di tutti i paesi. Assume la tesi Nord/Sud caro ai meridionalisti. “Per quanto non si possa essere spesso d’accordo col Morandi, il libro è interessante, snello e si legge con piacere”. Fu fatto in due tempi o da due persone: nella prima parte ci si accorge di essere di fronte allo studioso, nella seconda al politico il quale tronca spesso quei particolari obiettivi che non sono necessari allo svolgimento della sua tesi.
[15] Archivio Tremelloni, 111.27.
[16] Fra gli altri collaborarono a “La Borsa” Gino Borgatta, Carlo Pagni, Vincenzo Porri, Francesco Toffanin, Gustavo Del Vecchio, Francesco Vito.
[17] “Ufficio Moderno”, 1931, p. 314 (pubblicità).
[18] Alcuni volumi pubblicati da “Aracne” e riguardanti l’industria tessile: Diserens, I. Ch. L., Le sostanze ausiliarie nell’industria tessile (1939); U. De Tschudi, L’organizzazione commerciale dell’industria tessile in Italia (1940); L’esportazione cotoniera italiana: vicende storiche, condizioni attuali, possibilità (1940); Il codice tessile italiano…a cura della rivista tecnica “Textilia” (1942); Macchinario tessile: monografia sul macchinario tessile costruito e commerciato in Italia e in Germania…a cura della rivista “Textilia” (1943); C. Pagni, Passato, presente, futuro dell’industria laniera italiana (1943); E. Fabrini, La nobilitazione dei tessili artificiali… (1944).
“Aracne” pubblica anche alcuni testi di varia, fra i quali : Timo Bortolotti: in occasione della I mostra personale dello scultore…(1935); A. Comolli, Delle aurore che verranno: della conoscenza di Dio e della Rinascita (1938); Sette cronisti cercano la bontà… (1940); G. Cormani, Il trasferimento della Darsena di Porta Ticinese in Milano e la navigazione interna in Italia (1942).
[19] L’industria tessile italiana, “Il Sole”, 2 dicembre 1936.

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