La (cattiva) scienza sui giornali

Scienza e tecnica • Visualizzazioni: 6116

L’informazione scientifica e la stampa quotidiana non sono fatti l’una per l’altra; o quantomeno non hanno mai trovato il giusto modo di stare insieme. Questa è la conclusione a cui sono arrivato dopo aver avuto per decenni la responsabilità della redazione Scienze del Corriere della Sera. Che le cose stiano davvero così ognuno può constatarlo sfogliando i nostri giornali o ascoltando i notiziari tv. Molto spesso la notizia scientifica sembra uscita dal circo Barnum: incredibili scoperte di cui non sentiremo mai più parlare, banalità spacciate per sorprendenti novità, incredibile ma vero, mostri creati in laboratorio, ridere fa bene, e altre mirabolanti scoperte del genere annunciate da qualche centro di ricerca chissà dove, meglio se americano. Un tipo di informazione che rispecchia una visione miracolistica o minacciosa della scienza, tipica di una società culturalmente impreparata a recepire (e trasmettere) le tematiche scientifiche. Tale impreparazione generale fa sì che il giornalista scientifico sia una rarità presente solo nelle redazioni dei giornali più grandi. Normalmente ci si affida a quanto arriva attraverso le agenzie di stampa come fosse oro colato o a quello che i corrispondenti dalle sedi estere riescono a copiare (spesso senza capire) dai giornali internazionali. Questo è il tono generale dell’informazione scientifica sui quotidiani dopo decenni di inutili tentativi per liberarla dal “miracoloso”, dallo “straordinario”, dal “sensazionale” e farla rientrare nella cronaca di tutti i giorni. Le notizie serie e, soprattutto, ben trattate sono una sparuta minoranza. La situazione è certamente migliore nelle pagine specifiche a cadenza settimanale, che comunque appaiono sempre più striminzite e ridotte a fare slalom tra gli spazi occupati dalla pubblicità. Nate come fiore all’occhiello di alcuni direttori più sensibili a tali tematiche, oggi somigliano sempre di più a fiori appassiti e pronti a essere estirpati appena l’attualità (come se quella scientifica non lo fosse!) chiede più spazio. Queste pagine sono solitamente affidate a un giornalista specializzato (al Corriere della Sera, da molti anni la redazione Scienze è composta da due giornalisti) che opera con una certa autonomia, ma questa sorta di extraterritorialità confina spesso con un vero e proprio isolamento. Infatti, il rapporto del giornalista scientifico col resto della redazione è tradizionalmente difficoltoso e il suo coinvolgimento nella fattura quotidiana del giornale è marginale. Anzi, non è raro che un articolo a carattere scientifico venga pubblicato senza che il giornalista della redazione Scienze ne sia neppure informato. A tale isolamento contribuisce la percezione che il giornalista scientifico sia l'”ammazzanotizie”, quello che con mille distinguo impedisce la pubblicazione di un bel titolo deciso, senza troppe sfumature, o di una notizia che “domani pubblicheranno tutti gli altri giornali e quindi dobbiamo darla anche noi”. Vera o falsa che sia: “Casomai mettiamo nel sommario: qualche perplessità tra gli studiosi”. Ciò spiega perché il giornalista scientifico viene messo un po’ da parte o letteralmente estromesso quando una notizia scientifica assume proporzioni inaspettate (leggi Fusione Fredda, cura Di Bella, eccetera). In questi casi l’argomento è in genere gestito direttamente dalla redazione con “competenza territoriale” (Interni, Esteri, Cultura), o dalla Direzione. Sapendo bene quanto sia difficile modificare anche di poco una simile situazione generalizzata, penso che sarebbe utile osservare giorno dopo giorno la stampa quotidiana, non per dare pagelle e voti a qualcuno, ma per imparare a leggere con occhio più attento le notizie scientifiche che ci vengono offerte, valutarne l’attendibilità, la presentazione giornalistica, qual è la loro probabile origine, le ragioni per cui sono state pubblicate e tutti quegli aspetti che possano portare a una lettura critica e più consapevole.

Viviano Domenici

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