Scriveva nel 1961 il grande giornalista e fotografo Gianni Roghi sul numero 51 de L’Europeo (l’articolo fu ripubblicato da l’Europeo mensile nel dicembre del 2009): «(…)In dieci anni poche centinaia di persone si sono messe d’ accordo per fare i soldi alla faccia di chicchessia, persino alla faccia dei prefetti di Savona e di Genova, e li hanno fatti. E la Riviera è stata sconciata per sempre. Siamo di fronte a uno degli episodi più odiosi del dopoguerra. Lo Stato si è dimostrato incapace contro la speculazione, pochi cittadini sono riusciti a infliggergli un danno mostruoso, definitivo, per il proprio superprofitto personale. E allora è d’ obbligo andare a cercare i responsabili. Il colpevole numero uno dovrebbe essere il sovrintendente alle Belle arti della regione, cui compete la tutela delle “bellezze naturali e panoramiche”. Sentiamolo. Ci accorgeremo che si difende attaccando. Il professore Armando Dillon è un architetto meridionale, esperto di piani paesistici per avere collaborato, anni fa, a quelli di Taormina, Agrigento, Ischia e Capri. Dunque se ne intende. Perché non ha difeso la Riviera? Il colloquio è stato lungo. Ricaviamone i punti essenziali: 1) Per la tutela del paesaggio la Sovrintendenza agisce secondo una legge del 1939, in cui si parla di “belvedere” e di “parchi di non comune bellezza”, non già di comprensori urbani e rurali; cioè si è ancora alla ricerca di una definizione giuridica del paesaggio (la legge arrivò soltanto nel 1985: la n. 431, nota come Legge Galasso, ndr ). 2) Chi comanda, in fatto di edilizia locale, è l’ amministrazione comunale: la Sovrintendenza può solo offrire una collaborazione, spesso non gradita. 3) Quando l’ amministrazione comunale invoca, dopo il disastro, l’ intervento della Sovrintendenza per l’ imposizione del vincolo, il cammino burocratico necessario per fermare l’ impresa che costruisce il grattacielo falciando l’uliveto è così lungo, complesso e fortunoso che ha ben poche speranze di arrivare in porto. 4) La carenza di leggi adeguate e il dilettantismo della legge del 1939 pongono lo Stato alla mercé dello speculatore privato. Infatti, s’è visto (le prime gravissime offese paesistiche erano cominciate intorno al 1936). Straordinario il fatto che il Governo non abbia provveduto. Eppure nel 1955 la Camera dei deputati lo invitava a costituire una commissione per formulare una proposta di legge “intesa a proteggere le bellezze naturali” (…).
Il Malpaese. Atlante dell’Italia distrutta
Con quest’articolo che denunciava lo scempio del territorio a cui ancora assistiamo e che è alla base delle attuali tragedie, tra le quali il crollo del Ponte Morandi a Genova, crollato il 14 agosto 2018. Sedici anni dopo L’Europeo tornava sul tema con un’inchiesta rimasta unica nel suo genere: Il Malpaese. Atlante dell’Italia distrutta. Dieci puntate che sarebbe davvero il caso di ripubblicare e rileggere, nelle quali, dalla Sicilia al Veneto, si denunciavano tutti i danni al paesaggio. Salvatore Giannella, Paolo Ojetti, Claudio Serra, Paolo Berti e Franco Bordieri attraversarono le regioni del sacco, dando puntualmente conto delle devastazioni dovute alla speculazione edilizia e alle opere compiute in spregio della sicurezza e della bellezza del panorama. E, soprattutto, a vantaggio di pochi.
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